1790 11 27 PIATTOLI BODONI
Summary
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Ornatissimoa Signore Bodoni, Signore e Padrone veneratissimo:
Una lettera di Varsavia e d’argomento tipografico, scritta da un uomo che Vi professa delle antiche obbligazioni e che non ha aspettato per ammirarVi la celebrità Vostra e il grido di tutta Europa, deve, ne son certo Signor Bodoni ornatissimo, farVi piacere. Ma più Ve ne farà, senza dubbio, il sapere come siasi offerta l’occasione di scriverLa.
Sua Maestà il Re di Pollonia, al cui servizio ho io l’onore d’essere attualmente impiegato, Principe di cui può dirsi, come d’Augusto, che «ingenia saeculi sui omnibus modis jovit» e in cui le arti e le lettere non ammiran’ soltanto un protettore benefico, ma sì ancora un dotto che le coltiva e le ama, ha –nei brevi momenti che gli accordano le cure politiche e le difficili circostanze della Repubblica– parecchie volte parlato d’un progetto utilissimo alla letteratura e glorioso alla tipografia. Il nome di quest’arte rammenta fra primi quello del Signore Bodoni ed io confesso che innanzi al Vostro non neb ho finora rincontrato alcun’ altro.
Giorni sono Sua Maestà, parlando delle belle edizioni d’Elzevier, d’Hach, de’ Foulis, di Bascherville, di Didot e di Debure maggiori, e finalmente delle bodoniane, si compiacque di sviluppare, coll’erudizione e l’eloquenza a lui propria, l’idea d’una raccolta di classici latini eseguita sopra un piano particolare di testo e di carattere uguali, che riunir dovrebbe i vantaggi della nitidezza e della istruzione, dell’eleganza e del commodo.
Una sì fatta raccolta per verità si desidera ancora. I Foulis, i Barbou, i Bascherville, i Didot col puro testo sono asciutti e smunti oltremodo; e gli altri, cum notis variorum, sono eccessivamente carichi d’annotazioni, la maggior parte grammaticali o di noiose ed inutili ripetizioni, e quel che è peggio, mancano quasi sempre di schiarimento dove sarebbe più necessario. La collezione ad usum Delphini non comprende se non un certo numero d’autori ed ha il diffetto imperdonabile di dare in molti il testo tronco e diformato da frequenti lacune.
Convien’ dire che questo magnanimo Re, come è stato conservato dal cielo per salvar la sua patria, così è nato per beneficar l’uman’ genere e per illustrare il suo secolo. Non è gran tempo ch’egli si degnò spedirmi a Berlino, per preparare co’ più distinti membri di quella Reale Accademia, l’esecuzione d’un giornale unico nel suo genere destinato a servir d’inventario delle nostre ricchezze letterarie e d’annuo registro de’ nostri progressi in tutta la sfera della Enciclopedia. L’oggetto, la forma e il piano di quest’opera periodica sono interamente di Sua Maestà e sotto gli auspici di Lei ne uscirà l’anno prossimo il primo saggio dalla penna del chiarissimo Signore canonico Denina.
La presente situazione di cose non permette a Sua Maestà di secondare egualmente questa nuova intrapresa. Ma v’è alla Corte chi per l’amor delle lettere e per la gloria del Principe vorrebbe almeno farne eseguire un modello per servire di norma all’intera edizione dimidium facti qui coepit habet.
Ecco dunque, Signore Bodoni ornatissimo, il piano proposto dal Re mio Signore nell’indicato trattenimento, di cui questa lettera è una semplice ripetizione.
Volendosi degli scrittori latini i soli classici, i cui nomi son’ già pronunziati dal giudizio unanime delle colte nazioni, si potrà ristringerne il numero a’ soli autori de’ due primi secoli della letteratura romana; e il loro catalogo è noto. Per altro, Sua Maestà, la cui mente abbraccia le più vaste idee e scorre rapidamente uno spazio immenso, ha d’un sol’ colpo d’occhio veduto il vantaggio di poter col tempo aumentar questa scelta, cominciandola da’ primi autori dell’ancor rozza latinità e continuandola cogli scrittori che di secolo in secolo ne han sovra gli altri conservata la purezza e l’eleganza, fino al risorgimento delle buone lettere, per proseguir colle opere de’ moderni latinisti, dal Poliziano, Bembo, Fracastoro, Giovio e Sannazaro sino ai Bonamici, Stay, Cunich e Morcelli. La Biblioteca latina del Fabricio, la Storia della latinità del Funecio del Walchio, e di tanti altri darebbero la serie e deciderebbero della preferenza.
Le doti particolari dell’edizione che si domanda sono le seguenti:
1º. Il testo più comodo che farsi possa e come ditosi fra noi, tascabile, quello per esempio del 12 de’ belli Elzevier e di Barbou.
2º. Il carattere peraltro sarà grande, anzi chiaro, e legibile agevolmente. Sua Maestà lo vorrebbe come quello della raccolta de’ moralistes anciens di Didot maggiore [¿etc.?], che è nitidissimo. Le distanze delle lettere, delle parole e delle righe saran' tali che l’occhio le possa scorrere comodamente e che si accordino colla eleganza e il buon gusto. Mal mi starebbe di parlarVi, Signore Bodoni veneratissimo, dell’attenzione che Voi dai primi avete rinnovata e che Suetonio osservò ne’ manoscritti d’Augusto: «non dividit verba, nec ab estrema parte versuum abbundantes litteras in alterum transferit», attenzione che quanto favorisce la bellezza dell’impressione, altrettanto è aggradevole al leggitore.
3º. Gli ornamenti superflui saran’ banditi sì per non accrescere di soverchio la spesa e sì ancora per distinguere un’edizione fatta ad uso di lettori che bramano d’istruirsi, da quella destinata allo spazzio delle arti ed al lusso de’ dilettanti doviziosi.
4º. S’incomincierà con una prefazione, che fra le pochi prime di questo genere si potrà dir’ necessaria. In essa si esporrà primieramente l’oggetto e il piano dell’edizione; appresso gli studi, che si saran’ fatti per assicurarsi del testo e il metodo che si è tenuto per determinarsi a quello preferito dall’editore. In terzo luogo l’ortografia, che si è adottata e le ragioni di tal preferenza; finalmente l’indole e lo spirito delle annotazioni e della stampa e carta, che serviranno ad illustrare il testo o le note.
5º. Seguiterà la vita dell’autore, la migliore che v’abbia, a cui si aggiungeranno a maniera d’appendice tutte le notizie storiche che di lui ci restano o che faciliteranno l’intelligenza de’ diversi scritti dell’autore, ove ne abbia fatto di più maniere, con impiegare d’ognuno l’epoca, l’oggetto e le circostanze particolari. Si apporranno inoltre le testimonianze de’ contemporanei e i giudici de’critici più illustri in torno alle opere contenute nella edizione.
Si aggiungerà una mantissa delle edizioni più ricercate da curiosi e, quello che importa sopra ogni cosa, delle più esatte; di poi le traduzioni fattesi da’ diversi scritti dell’autore, non già col darne un noioso catalogo bibliografico, ma indicando soltanto quelle che in ogni lingua son’ riguardate come le meno diffettose e le più degne del loro originale; indi le opere che di lui ci ha rapito il tempo o la calamità delle lettere. Per ultimo quelle che l’ignoranza o l’impostura gli avessero attribuite.
6º. Il testo puro e, come si è detto già sopra, il più coerente e il meglio giustificato farà il corpo dell’opera e sarà continuato senza interruzione.
Due cose si vorrebbero inssieme [sic] col testo, l’interpretazione letterale latina e la miglior traduzione che v’abbia. Quanto alla prima si prenderan’, per esempio, quelle già fatte ad usum Delphini, di cui correggerannosi alcuni errori e si riempiran’ le lacune. Quanto alla seconda sarebbe da desiderare che ogni nazione ve la trovasse nella sua lingua e che fosse possibile di dare a ciascuna un certo numero d’esemplari. Ma per l’utilità più generale, specialmente fuori d’Italia, credesi qui che la miglior traduzione francese sia la sola che si debba adottare.
L’interpretazione letterale latina occuperà la parte inferiore della pagina e corrisponderà per quanto potrà farsi al testo, che ella serve a spiegare. Il carattere potrà essere alquanto più minuto. La traduzione occuperà la pagina di contro al testo e si osserverà a un dipresso la medessima proporzione.
7º. Le cifre numeriche indicheranno le annotazioni. Queste si trasporteranno tutte al fine d’ogni volume per non interrompere il testo e non rendere troppo cariche le pagine e incomoda la lettura.
Le annotazioni conterranno: 1º, la spiegazione de’ vocaboli meno ovvii o che suppongono delle notizie non communi. Vi si aggiungerà il vocabolo corrispondente in francese, come fra gli altri lo ha fatto nel suo Plinio il Padre Arduino; 2º, l’illustrazione de’ passi allusivi alla storia, alla mitologia, alla religione, alla giurisprudenza, alla filosofia, a costumi e alle arti del popolo, e dal tempo di cui parla l’autore; 3º, gli errori più insigni, a’ quali ha dato luogo una frase mal letta o alterata da copisti e da letteratori; 4º, le citazioni degli scrittori che han preceduto l’autore e che questo ha imitato, o s’è studiato di sorpassare; 5º, un parallelismo de’ passi simili o degli stessi pensieri tradotti a gara da diversi autori in varie lingue ed in secoli differenti.
Per quanto sia inutile di rammentare gli errori prodotti da una variante, non posso astenermi dal notarne qui uno, che incontrai tempo fa nelle Ricerche sopra i greci del Signore Pan. Questo letterato pretende che varrone inventò l’arte della stampa, affine di moltiplicare i 700 ritratti degli uomini illustri, de’ quali scrive le vite; ed anche l’arte tipografica, avendo ogni ritratto una iscrizione che moltiplicavasi allo stesso modo che il ritratto medesimo. Il suo testo è preso da Plinio il naturalista e mi ricordo ch’egli legge: «M. Varronis inventa» dove arduino e molti altri da me esaminati leggono «M. Varronis inverita», parlando Plinio di una certa Lala di Cixico, pittrice vivente in un tempo che M. Varrone era ancor giovane.
Il confronto de’ soggetti simili trattasi a gara da diversi autori può essere di gran vantaggio. Pure siccome nulla non s’incontra più spesso che descrizioni di battaglie, di tempeste, d’innondazioni, di giardini, di cavalli, leoni e simili in tutti gli scrittori, basterà di citarne le più felici nelle opere ove si trovano.
8º. Le stampe e carte che potranno aver luogo nell’edizione senza taccia di soverchio lusso, saran’ le carte geografiche fatte sull’opera stessa e le medaglie e i monumenti atti ad illustrar’ l’autore, come lo han fatto a Plinio l’Arduino, l’Ogilbi a Virgilio, etc. Il ritratto dell’autore preso da busti e da medaglie note non sarà riguardato come un vano ornamento.
9º. L’ultima parte conterrà gl’indici necessari e s’adotterà l’uso d’alcuni illustri editori di separarli in più categorie: una per esempio de’ nomi propri di divinità, d’uomini, etc.; l’altra, geografica, ma in modo che ne risulti la sola geografia dell’autore, come alcuni lo han’ fatto d’Omero, d’Erodoto, di Giulio Cesare, Tacito, etc.; la terza, delle voci e frasi che son’ particolari all’autore; l’ultima, delle materie e cose notabili, avendo specialmente riguardo a’ fatti storici, alla religione, alla filosofia, alle arti e a’ mestieri de’ quali fa menzione l’autore, e che servir’ possono a darci un’idea dello stato della istruzione del paese e del tempo in cui egli scrisse.
Diamo, Signor Bodoni veneratissimo, un esempio pratico sopra Virgilio. Sua Maestà, portata dall’amor suo vivissimo per le arti, avrebbe forse desiderato di dare il suo saggio sopra Plinio il naturalista, ma i piaceri personali di Stanislao Augusto han’ sempre ceduto al patriotismo. Egli governa un popolo ricco d’armenti e agricoltore [sic], ed era però giusto che l’autore delle Georgiche ottenesse presso di Sua Maestà la preferenza. Il numero incredibile d’editori e di commentatori che han’ sudato su quest’autore se ha per una parte agevolata l’impresa, v’ha aggiunto per l’altra le difficoltà della scelta.
Egli è superfluo d’applicare in particolare; ciò che si è detto in genere dover’ comprendere la Prefazione.
La vita di Virgilio, mille volte riscritta, dal Donato fino a’ Padri La Rue ed Ambrogi, ed alli abbreviatori francesi del [sic] Padre Catrou, ha forse bisogno d’esser rifatta; per lo meno vi si douvran riunire molte notizie sparse nelle diverse edizioni d’Italia, d’Inghilterra e d’Olanda, etc.
Le altre notizie risguardanti le testimonianze de’ contemporanei o i giudizi de’ critici, le varie edizioni, le traduzioni, le opere perdute e quelle falsamente attribuite a Virgilio si trovan per tutto, e il Baillet, e il chiarissimo autore della storia letteraria d’Italia, Signor Cavaliere Tiraboschi, saranno consultati utilmente.
Il testo offre esso pure oggimai poche difficoltà che dopo gli sforzi di tanti uomini sommi non debbano credersi insormondabili: [ ] Pietro sopratutto della edizione di Foulis, Cuningam, Sandbye, il bellissimo in-4º di Baskerville, Maasvich, Ambrogi, Heyne, il vostro del 1779 e ultimamente il diligentissimo Brunch, non ci lasciano desiderare quasi nulla. Potrebbasi, per esempio, sceglier quest’ultimo e rivederlo con nuovo studio di modo che nella edizione più non parlisi di varianti né di osservazioni grammaticali.
L’interpretazione letterale latina del Padre La Rue con qualche leggera correzione e rimettendo alcuni passi troncati sarà eccellente.
E quanto alla traduzione francese, senza contare le egloghe di Gresset e le Georgiche dell’Abate de Lille, farà d’uopo attenersi a quella dell’Abate des Fontaines, il quale, avendo ecclissato colla medesima le precedenti, mai non lo è stato fin qui da alcuna delle tante uscite posteriormente. Si potrà però correggerla in alcuni luoghi ove le altre, che si usano nelle classi di Francia, sembrano più chiare, più energiche o più felici. Perché noi, che vantiamo i Manara, i Cantuti e il grande Annibal Caro, non possiamo aspirare di dare all’edizione proposta la sola traduzione ove il cantore Mantovano non isdegnarebbe di riconoscersi!
Le annotazioni domanderanno forse maggior lavoro. Pure col Taubmanno, la Cerda, Catron, la [ ] i Variorum, Hayne [sic], etc. una gran parte è già fatta. La filosofia di Virgilio, la fisica, specialmente l’astronomia ed anche l’astrologia, l’agricoltura e le arti offrono il più bel campo a commenti utili ed eruditi, ma i fonti abbondano e non v’è letterato che non li conosca.
L’edizione d’Ogilby a Londra del 1663 e i variorum d’Amsterdam (3 vol. in-8º), per esempio, presentano delle stampe e delle carte da scegliere. Pure una buona carta geografica per l’Eneida potrebbe per anche desiderarsi e pure che nella nostra Italia, più che in ogni altro paese, dovesse farsi con esatezza.
Il ritratto del poeta è troppo noto e ripetuto per osar pure di metterne in dubbio la verità e, checché ne sia, non abbiamo finora nulla di più sicuro da presentare.
L’indice de’ nomi propri di divinità, d’uomini, etc. non deve comprendere se non quello che ne ha detto Virgilio, bensì dove il poeta gli nomina solamente o se ne darà una succinta notizia o si citerà l’annotazione in cui ne sarà stato parlato.
Lo stesso precisamente vuol’ dirsi dell’indice geografico. L’indice del paziente eritreo e l’altro aggiunto all’edizione ad usum Delphini non convengono per verun conto alla nostra. Quello che si desidera rassomiglierà agli indici o se si vuole frasarii che trovansi in più edizioni di Sallustio, Nipote, Fedro, Tacito, etc.
Finalmente si è già indicato con quale intenzione per dir’ così e su quali oggetti principalmente dee farsi l’indice delle materie e delle cose notabili.
Una biblioteca veramente reale, una università fiorentissima, una celebre Accademia de’ Padri Affò e Pagnini, de’ Mazza e de’ Rezzonico, e la tipografia bodoniana, tutto ciò, Signor Bodoni veneratissimo, riunito felicemente in cotesta capitale offre la più sicura speranza di veder uscire il Virgilio, che si propone, da que’ torchi medesimi a’ quali dobbiamo Anacreonte, Teocrito, Longo e tanti altri capi d’opera dell’arte tipografica.
Voi, che al pari de’ Manuzi, degli Stefani e di Gesner congiungete all’eccellenza in quest’arte, l’erudizione e il buon gusto, e che sapete valutare quant’altri mai la grandezza e la difficoltà di una tale intrapresa, Voi potrete indicare a un dì presso 2º il tempo che essa richiederebbe, supponendo l’associazione d’un dato numero di letterati e, 2º a ragione di questo tempo e di questo numero, più le spese dell’impressione a che ne montarebbe probabilmente la somma.
Il rispettabile personaggio che m’incarica d’interrogarVi sopra questi due punti intende darVi una prova della ben giusta stima in che son’ tenuti in Pollonia i Vostri talenti e della confidenza che inspirano la probità Vostra e il dilicato Vostro disinteresse, a cui sappiamo qui pure che l’Italia deve il vantaggio di possederVi.
Io per me chiamato all’onore di portare un sì nobil disegno innanzi a Voi, che siete un artefice sommo, contemplo, Signore Bodoni ornatissimo, con una deliziosa compiacenza il momento in cui si vedrà forse comparire alla luce il Virgilio di Stanislao Augusto co’ caratteri bodoniani, che dierono tanta fama al Sallustio di Don Gabriello, e mi rammenderò poi sempre con ammirazione e riconoscenza, che lo stesso Principe che regge una gran nazione presiede alla formazion del Giornale il più utile che siasi immaginato finora, e avrà dato il primo impulso alla edizione la più completa che v’abbia del cantore di Didone e d’Enea.
Sono, colla più perfetta stima ed amicizia,
Varsavia, 27 novembre 1790.
Sottoscritto
Suo devotissimo obbligatissimo servitor’ vero,
il Cavaliere Abate Piattoli.
aAntes de Ornatissimo se especifica: Copia bHabía iniciado antes el trazo alto de otra letra, pero cancela.
Editor notes
Documentary and bibliographic data
- Location
Parma, Biblioteca Palatina, Archivio Bodoni, Lettere ricevute, 50, 24.90
- Description
3 pliegos de 2h. (11 pág. de texto). Autógrafa
-
Edition
Noelia López Souto
- ©
Biblioteca Bodoni, Biblioteca Palatina di Parma (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) & Noelia López Souto, 2022
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Citation
Letter from Scipioni Piattoli to Giambattista Bodoni in 1790 11 27, ed. Noelia López Souto, in Bodoni Library [<https://bibliotecabodoni.usal.es/en/letter/1790-11-27-piattoli-bodoni> Requested: Oct 15, 2024].Cite this document