1802 10 12 BODONI DESCONOCIDO
Sommario
Parma, 12 de octubre de 1802.
De Giambattista Bodoni [Parma] a José Nicolás de Azara [París].
Bodoni informa sobre la muerte del duque Ferdinando de Parma y describe con detalle lo sucedido antes, durante y después del fallecimiento del Infante. Refiere los surgidos rumores de envenenamiento, desmentidos por la autopsia del doctor Levacher, y comunica su emotivo encuentro con el religioso amigo Pignatelli, muy afectado por la pérdida.
Transcrizione
Parma, 12 ottobre 1802.
Amico carissimo,
Purtroppo son vere le infauste notizie costà divulgatesi della perdita irreparabile che tutti abbiam’ fatto del nostro augusto ed amatissimo Sovrano, tolto quasi repentinamente dal numero de’ viventi alle ore 4 e 7 minuti dopo la mezzanotte di venerdì venendo il sabbato 9 corrente.
Mi manca il tempo per farvene una minuta ed esatta descrizione di questo lutuosissimo ed inatteso avvenimento. Pure dirovvi rapidamente che, alla mattina del mercoledì 6 scorso, il Signor Infante venne da Colorno a Parma assai per tempo e recossi al Monistero di San Alessandro, monache casinesi, ed ivi fece collazione e si dice che mangiasse assai discretamente certa minestra, che in buon lombardo dicesi «d’Annolini», e prese qualche fetterella di spalla di maiale, detta di San Secondo, e bebbe del vino bianco. Congedatosi poscia dalle suore, passò al Vescovado, ove era atteso a pranzo da Monsieur Turchi, e mangiòa ivi della polenta fatta col latte e cogli uccelli e, fra le altre grossolane vivande, mangiòb anche del nuovo codeghino di Modena. E da taluno si osservò che, sino dalla mattina, il Signor Infante non era della sua solita giovialità. Appena pranzato partì per l’abadia di Fontevivo, dieci in undici miglia lungic da Parma, ove attualmente trovansi tutti i convittori di questo Reale Ducale Collegio a villeggiare. Nel salire in cocchio cominciò a lagnarsi e disse che non si sentiva troppo bene. Pure, proseguì il viaggio.
Giunto all’Abadia diede ild solito bacciamano a tutti, ma non avea il volto lieto e sereno come in altre consimili circostanze si era osservato. Si era colà preparata una picciola accademia letteraria da recitarsi da vari di quelli alunni alla presenza reale, ed egli stesso chiedette se avrebbe durato a lungo e gli venne risposto che avrebbe di poco oltrepassata un’ora; ed il Sovrano mostrò desiderio che si sollecitasse la recita perché gli sembrava di non star troppo bene. Finita l’accademia, andarono al refettorio e ricercò qual minestra vi fosse per la cena, e gli dissero che vi erano de’ picciolissimi vermicelli di Genova. Si assise alla mensa e chiedette pochi de’ detti vermicelli, ma volle vari cucchiai di brodo; anzi se ne prese egli stesso. Appena incominciò ad assaporare la minestra e si voltò indietro, e sputolla per terra, e poscia si alzòe dalla tavola dicendo che si sentiva alquanto incomodato, ma che pregava tutti a non moversi ed a proseguire a cenare. Passò nella sua camerettaf e si dice che prendesse un lavativo da sé stesso. Si mise a letto, ma vi restò poco; indi alzatosi prese del sale di Piacenza, ossia di Glaubero, che avea nel suo portafoglio e poi sì coricò di nuovo dopo di aver scritto un viglietto ad un rispettabilissimo Ministro, nel quale diceva di aver voluto provare a pranzare due volte in quel giorno, lo che lo avea alquanto incomodato, ma sperava col riposo di star meglio all’indomani.
Al giovedì si trattenne a colloquiog col Padre Don Giuseppe Pignatelli, vero esemplare di umiltà e di sapere, e gli disse che lo avea chiamato all’Abadia per un affare, ma che prevedeva ne avrebbe dovuto fare un altro; e lo pregò di non abbandonarlo mentre non si sentiva bene. Alle ore due pomeridiane del giovedì si spedì a Parma per prendere il Protomedico Dentoni, il quale per una strana fatalità si trovava a Vigatto, villa 8 miglia distante da qui. Egli venne subito e partì per l’Abadia, ove giunse tra le sette e le otto della sera, ed il male avea peggiorato a segno che al venerdì fu munito del santissimo Viatico e gli fu amministrata l’estrema unzione, da lui richiesta con tutto il fervore de’ primitivi cristiani.
Alle ore 1 ½ dopo la mezza notte di detto venerdì, arrivò all’Abadia Monsieur Levacher, abilissimo chirurgo francese, e trovò Sua Altezza Reale tutto scoperto nel suo letto e, toccategli le piante de’ piedi, le trovò assai fredde. Indi il Sovrano gli steseh il braccio per farsi sentire il polso e gli ricercòi se avrebbe scampato da tale malattia. Il chirurgo l’esortò a bere spesso ed a farsi coraggio; e lo pregò di star coperto, se pure il potea. Ma il Signor Infante gli rispose che avea una smania tale nell’interno dello stomaco che non potea tollerare la menoma cosa per ricoprirsi.
Sempre assistito dal prelodato Don Giuseppe Pignatelli e dal Parroco, spirò placidamente nel Signore il nostro non mai abbastanza compianto Sovrano alle ore 4 e 7 minuti, come già dissi di sopra. Egli protestò più volte che non gli pesava il morire, ma che solo gli rincresceva per la desolata sua povera famiglia e per la bersagliata religione santissima. Incaricò Don Giuseppe a chieder perdono in suo nome a tutti i colornesi, se mai avesse mancato nel minimo che verso i medesimi. E le ultime parole che proferì furono queste: «Oh, mio Dio, mio Dio; io muoio».
Non credete alle dicerie che si sono sparse su questo tristissimo infortunio, essendo false le voci che si sono fatte correre che vi sia stato sospetto di veleno per accellerare la morte di quest’ottimo piissimo Principe. Mangiò, è vero, dalle suore; mak niuno avea maggiore interesse di lorol alla di lui conservazione. Molte volte fra l’anno andava a pranzom dal Vescovo e si rendeva cosìn arbitro ed onnipossente in tutti i dipartimenti dello Statoo; ed i Loioliti stessi, coi qualip mangiò varie volte, aveano ben giustoq motivo di pregare di cuore per la più diuturna ed incolume salute del loro dichiarato proteggitore.
Non niego però che non vi sia stata qualche persona che har asseritos d’averlo inteso a prorompere in queste precise parole, allorché glit crescevano iu dolori al basso ventre: «Che mi avessero mai avvelenato?». E questa proposizione bastò a difondere le voci che le sia stata acellerata la mortev. Ma il chirurgo, imparziale e veridico nella sua relazione scritta sulla sezione del cadavere e che mi ha ripetuto a me medesimo, assicura che il male è stato una colera; ossia un travasamento di bile nera, della quale avea ripieno lo stomaco e che gettò per gli occhi, per la bocca, per le nasi e per le orecchie anche dopo morto. Il fegato si trovò di una mole amplissima e già erasi formata una gangrena interna della larghezza di uno scudo di Francia. Vi sono pure vari soggetti che asseriscono di aver inteso più volte a dire da Sua Altezza Reale che egli sentivasi già da dieci anni una forte botta nel petto, ma non si spiegò più chiaramente e convien supporre che dall’epoca infaustissima della morte dello sventurato Luigi XVI gli fosse rimastax una forte impressione nell’animo e nel cuore.
Domenica scorsa mi sono incontrato col religiosissimo Padre Pignatelli, che mi saltò al collo abbracciandomi. Ed era inconsolabile per tanta perdita, ma pieno di santa fiducia in quel Dio che regola e modera a suo arbitrio tutti gli umani avvenimenti.
[G. B. Bodoni].
a Había escrito mangò y corrige. b e cogli uccelli e, fra le altre grossolane vivande, mangiò añadido entre líneas sobre e si è <...> che abbia mangiato, fra le altre vivande cancelado. c Había escrito longi y corrige. d Había escrito al y corrige. e Había escrito alzi y corrige. f Había escrito camera y corrige. g si trattenne a colloquio añadido entre líneas sobre parlò cancelado. h Había escrito stesse y corrige. i Había escrito riceve y corrige. k mangiò, è vero, dalle suore añadido entre líneas sobre ma, añadido en línea antes del inicio de oración que había escrito: Niuno l di loro añadido entre líneas. m molte volte fra l’anno andava a pranzo añadido entre líneas sobre quanto le monache ed cancelado e il [corregido en dal]. n e si rendeva così añadido entre líneas sobre stato qui cancelado. o in tutti i dipartimenti dello stato añadido entre líneas sobre onnipossente p Había escrito un testo que no puedo leer y corrige. q mangiò varie volte aveano ben giusto añadido entre líneas sobre con cancelado. r ha añadido entre líneas. s Había escrito asserisse y corrige. t Había escrito si y corrige. u crescevano i añadido entre líneas sobre scati dei cancelado. v e questa proposizione bastò a difondere le voci che le sia stata acellerata la morte añadido entre líneas. x Había escrito avesse fatta y corrige en fosse y añade entre líneas rimasta sobre fatta cancelado.
Note al testo
Dati documentali e bibliografici
- Ubicazione
Parma, BP, Archivio Bodoni, B. 41 bis., Minute di lettere inviate, Azara, carpeta «Non Azara (non dirette a De Azara)».
- Descrizione
Pliego de 2 h. 235 × 180 mm. Minuta. Bodoni aprovechó parte de esta carta para completar la que redactó para Azara, 1802-X-19.
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Edizione
Noelia López Souto
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Altra bibliografia citata Archivio storico 1952; Bertini & Sandrini 2002; Ginetti 1913; Lasagni 1999; S. F. 1841; - ©
Biblioteca Bodoni, Biblioteca Palatina di Parma (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo) & Noelia López Souto
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Citazione
Lettera da Giambattista Bodoni a Anónimo del 1802-10-12, ed. Noelia López Souto, nella Biblioteca Bodoni [<https://bibliotecabodoni.usal.es/it/lettera/1802-10-12-bodoni-desconocido> Richiesta: 8 ott 2024].Cita questo documento